Santo Spirito di Firenze “il più perfetto tempio della cristianità” (da un codice del sec. XVII)

[Questa Memoria] “Fu scritta da Paolo Minucci conforme si legge in questo a 312, circa l’anno 1652 come si vede in questo a 285, e secondo altri fu scritto dal Rosselli come in questo a 142, essendo stato camarlingo del Bigallo quello che lo scrive” ...
È quanto riportato sulla II di copertina di un codice della Biblioteca Nazionale di Firenze, che è stato spogliato da più autori più volte e in più secoli per conoscere notizie sui quartieri della città e le loro chiese. E tanta importanza ebbe nel passato che nel 1744 venne copiato in bella calligrafia dal canonico Giovanni Vincenzo Capponi “a laude di Dio ed a notizia degl’amatori della nostra Patria”.

Anche noi, nel nostro piccolo, ne comprendiamo il valore e, sebbene dia notizie oggi note e approfondite e non si possa paragonare alle quasi 70 pagine di Giuseppe Richa, Notizie Istoriche ..., tomo IX, pp. 1 ss., dedicate, ne trascriviamo la breve parte riguardante la famosa basilica fiorentina sede dell’ordine religioso, gli agostiniani, cui appartiene il papa recente, Leone XIV Prevost, e che dette nome allo stesso suo quartiere in Oltrarno: Santo Spirito.

Una seconda considerazione che possiamo fare riguarda l’autore dello scritto, Minucci o Rosselli che sia, il quale riprese l’opera di un Servo di Maria della SS. Annunziata, fra Michele Poccianti, che nel 1589 pubblicò le Vite de'sette beati Fiorentini fondatori del Sacro Ordine de' Servi e in appendice aggiunse un trattato sulle chiese di Firenze, tra le quali la nostra – v. p. 183.
L’autore non riporta, del Poccianti, le notizie riguardanti il Crocifisso dei Bianchi rimasto intatto dopo l’incendio del 1471, il “grosso miracoloso”, cioè una moneta con sopra la Madonna percossa da un soldato in Empoli nel 1392 e che per questo sanguinò, le reliquie della testa di Santa Monica madre di Sant’Agostino, il corpo del beato Barduccio, laico sepolto nel 1331, i “monumenti”, cioè i sepolcri di Neri Capponi, di Giannozzo Manetti e di Luigi Marsili dell’Ordine, e la consacrazione del tempio da parte dell’arcivescovo Antonio Altoviti l’11 novembre 1573.

La trascrizione da i Quartieri ...
“Il sito, dove è al presente questa chiesa, è quella via, che per esser la maggiore e la più bella di questa città, ritiene il nome et è detta via Maggio. Secondo che afferma m. Donato Velluti nella sua storia, che egli scrive della sua famiglia, si chiamava anticamente in Casellina, nel qual luogo era una piccola chiesa detta San Matteo a Lepore, alla cura della quale, essendo intorno all’anno 1250 i frati Agostiniani, come dice fra Michele Poccianti servita nel trattato che egli scrive delle chiese di Firenze, comprarono alcuni pezzi di terre e vi fabbricarono una chiesa, sotto il titolo di Santa Maria di Tutti i Santi e dello Spirito Santo, incorporando dentro l’antica di San Matteo, et un’altra ivi vicina detta San Romolo. Non ardirei d’affermare di che grandezza e qualità fusse allora quella chiesa, poiché essendo interamente abbruciata, già sono 200 anni, non ne resta vestigio o memoria alcuna, ma se noi consideriamo, che negl’antichi tempi, ella fu sempre capo, prima del Sesto e poi del Quartiere Oltr’Arno, e se noi riguardiamo le reliquie, che ancora ci restano | dell’antico convento, come quella parte del chiostro grande, che è ancora a tetto et è quello che quest’anno 1657 è stato rovinato per rifarlo di nuovo alla moderna, e lo stanzone che risponde in su la Piazza appié delle scalere, che ancor sono in piedi, saremo persuasi a credere che ella fossi proporzionata al convento e perciò grande e magnifica.

L’occasione dell’incendio di essa fu una festa dell’Ascensione del Signore che vi si rappresentò dentro. Dice il sopraddetto fra Michele Poccianti servita, seguitato da Giorgio Vasari nella Vita di Filippo di ser Brunellesco, che a petitione di maestro Francesco Zoppo de’ Mellini, gran predicatore de’ suoi tempi, e molto grato al popol fiorentino, fu dato mano intorno all’anno 1440 all’edificazione della nuova chiesa, onde Lorenzo Ridolfi, Neri di Gino Capponi, Bartolommeo Corbinelli e Goro di Stagio Dati, che dovevono in quel tempo essere degl’Operai di questo Quartiere, a i quali s’unirono molt’altri cittadini nobili, che avevono cappelle e sepolture, et ottennero dalla Signoria d’ordinare che si rifacesse questa chiesa, della quale impresa fu fatto provveditore Stoldo Frescobaldi, | il quale, per l’interesse, che haveva la sua famiglia in detta chiesa vecchia, essendo loro la cappella dell’altar maggiore, oltre all’havervi durato una gran fatica, sborsò anche da principio per tirare innanzi la fabbrica, molte migliara di scudi di suo proprio, per esserne poi rimborsato come seguì, da una tassazione, che si fece sopra a tutti quelli, che vi havevono sepolture e cappelle. Fecene il modello Filippo di ser Brunellesco, il più raro et il miglior architetto (dice Giorgio Vasari nella sua Vita) che dagl’antichi Greci e Romani in qua sia stato. Hebbe egli concetto a principio di capovolgere questa chiesa, e di farla rispondere con una gran piazza lungh’Arno, acciò che quelli che venivono di verso Genova, Lucca e Pisa, quindi passando, godessero della magnificenza di quella fabbrica, e s’ingegnò di persuaderlo a i sopranominati cittadini, ma non fu possibile mediante l’interesse privato delle famiglie de i Capponi in particolare, che non vollero consentire alla rovina delle case loro. Si condusse adunque nella maniera che di presente si vede questo nobilissimo tempio, che è lungo braccia 381 [sic, circa 221 metri, in realtà è 97 metri] e largo 54 [circa 31 metri], e tanto bene ordinato e per ordine di colonne e per altri | ornamenti che non si può vedere opere né più ricca, né più vaga, né più ariosa di questa, e se non fusse stata la saccenteria d’alcuni, che per parere di saper più degl’altri, alterarono in qualche parte il disegno di quel grand’uomo, sarebbe questo il più perfetto tempio della cristianità, sì come per quanto egl’è il più vago, meglio spartito e meglio inteso di qualunque altro che sia in Firenze.

L’anno 1599 fu dal granduca Ferdinando primo, conceduto al signor Giovanni Batista Michelozzi quel sito, che è fra i quattro pilastri della croce, che viene appunto sotto la cupola di questa chiesa, il quale con spesa veramente regia, vi fece fare il coro e l’altar grande con tanti e sì ricchi ornamenti di commessi, d’intagli, di statue di marmo, di bronzo e di colonne, che è una maraviglia et una delle degne cose che siano nella nostra città di Firenze.

La sagrestia di questa chiesa in forma d’un tempio a otto facce, insieme col ricetto che gl’è innanzi, fu condotta col disegno di Simone del Pollaiuolo, detto comunemente il Cronaca, famoso architetto de’ suoi tempi, e da Baccio d’Agnolo, anch’egli buono architetto, fu cominciato il bel campanile di pietra forte, che fu poi finito a tempo de gran duca Cosimo I.

Il convento è assai grande e bellissimo e ridotto al | presente in grado che è molto ben proporzionato alla grandezza e bellezza della chiesa, havendo due bellissimi chiostri, l’uno de i quali non è finito, e fra l’uno e l’altro di essi, è una bella libreria, messa insieme o almeno grandemente accresciuta per opera del padre maestro fra Leonardo Coqueo franzese e confessore della serenissima madama Cristina di Lorena, gran duchessa di Toscana.
Dal secondo chiostro s’entra in un’antica chiesa dedicata a Sant’Iacopo, che sino nell’anno 1308 fece fabbricare Neri Corsini.

L’anno 1652, mentre che io mettevo insieme questa memoria, fu levato un andito che dal chiostro grande conduceva ad una corte, che era dentro alla porta del convento, e la corte ancora e ridotta ogni cosa a piazza, ne i quali andito e corte erono molte memorie antiche, le quali in buona parte andarono a male, e specialmente le dipinte, perché l’altre scolpite in pietra o in marmo furono per la maggior parte salvate e datogli luogo nel capitolo dove si presente si veggono.

In questa chiesa per decreto publico non ci sono sepolture, eccetto alcune poche, le quali sono nelle cappelle, e per lo più vengono coperte dalle predelle degl’altari.
La cappella maggiore et il coro è della famiglia | de’ Michelozzi, fece fare il senatore Giovanni Batista Michelozzi e fu cominciata l’anno 1599 e finita l’anno 1606. Il sito dove è fabbricata questa cappella e questo coro fu per l’addietro del Comune e per l’eccessiva spesa, fu dal gran duca Ferdinando I non solamente conceduto al detto Michelozzi, ma di più, ch’ei potessi metter l’armi sue ne i pilastri più vicini a detta cappella, come egli fece, e ancor oggi si veggono”.

[Segue lo stemma a colori dei Michelozzi, riprodotto nella pagina precedente].

Trascritto da Paola Ircani Menichini, 16 maggio 2025. Tutti i diritti riservati.




L'articolo
in «pdf»